Il mondo che guarda, e la festa è più privata che mai. Il biondo d'importazione arrivato dalla terra delle bionde da esportazione si è rifugiato lontano dagli occhi. Poi è tornato, sobrio come sempre, sobrio come un tedesco biondo prima della bionda. Il volto segnato soltanto dall'incredulità e dalla fatica dovuta all'impresa. Poi il trofeo. La festa è pubblica. Il mondo guarda.
Dirk Nowitzki è il re della scena, mentre il sovrano predestinato saluta dalla fascetta e si congeda con lo sguardo basso. LeBron James aggiunge un'altra tacca alla riga dei fallimenti. Ma il nuovo dominatore dell'aria che sovrasta i cerchi di ferro deve molto alla sua corte, forse quasi tutto. I cesti ostili per tutta la sera, poi i colpi della svolta. Però se il regno è regno è grazie a chi la scena non la domina affatto. Dallas sorride sul tetto del mondo, ed è una prima volta che sa di rivincita come quasi mai era accaduto. I Mavericks e l'anello, conquistato con le gambe in campo e con il cuore in panca. Con la fame di seconde linee che seconde non sono. Astri che erano nati già da un po', ormai a un passo dalla parabola discendente per via delle crudeltà anagrafiche. Veterani o quasi. Campioni in senso stretto ormai all'ultima chiamata. Hanno risposto. Si son detti pronti. Il mondo guarda la festa del biondo e dei suoi fratelli di un altro colore.